Abstract: I paper di questo numero di Culture della Sostenibilità originano dal convegno tenutosi a Rovigo il 22-23 marzo 2019, che si è concentrato sul neo-populismo delle aree rurali fragili. In queste aree il contesto politico appare radicalmente e improvvisamente cambiato. I luoghi lasciati indietro, the places left behind – come li chiamano molti studiosi a livello internazionale – stanno manifestando forti segnali di malessere, che sembrano orientarsi verso la ricerca di comunità chiuse, lo scetticismo e la repulsione nei confronti del sapere scientifico, il rifiuto della diversità e l’intolleranza, la contrapposizione tra un popolo puro e una élite corrotta, la domanda di uomini forti capaci di ristabilire l’ordine. Le nuove geografie politiche emergenti in tutti i paesi occidentali dove si è andati al voto negli ultimi mesi sembrano confermare questo orientamento. Se questo è vero, per chi è impegnato sul tema delle aree rurali fragili si pongono delle domande impellenti: quali sono le cause di questa dinamica, che in molti chiamano neo-populismo o populismo autoritario? Esiste anche in Italia, come sembra acclarato in tanti altri stati, una dimensione rurale di questa tendenza? Se sì, quale è la situazione nelle aree fragili? Abbiamo segnali tangibili nel nostro lavoro di campo, oltre che dai dati che emergono dalle analisi politologiche? Quali azioni si possono mettere in campo, quali politiche, quale nuovo impegno per le organizzazioni della società civile?